Quanto accaduto nelle ultime ore a Mestre è davvero drammatico. Finisce nella bufera anche l’elettrico. Ecco perché.
Quanto accaduto a Mestre ha segnato inevitabilmente ogni pagina di cronaca dell’Italia e non solo. Nella località veneta è avvenuto un drammatico incidente, che ha coinvolto decine di persone attorno alle ore 20 di ieri sera. Un autobus è caduto dal cavalcavia della Vempa, in via dell’Elettricità, dopo aver preso fuoco.
In poche parole, un pullman che svolgeva servizio di navetta ha sfondato il parapetto in un tratto sopraelevato ed è precipitato al suolo incendiandosi. Coinvolta anche la linea ferroviaria, interrotta dopo l’incidente. Ci sarebbero diversi morti: almeno 21, tra cui due bambini. 18 invece i feriti, di cui 4 gravi.
La Usl 3 di Venezia ha attivato il protocollo di emergenza, che ha messo a disposizione dei soccoritori accorsi sul posto tutti i pronto soccorso della città, allertando anche quelli di Padova e Treviso. Una tragedia terrificante, che non può e non deve essere dimenticata.
Incidente di Mestre, c’entra anche l’elettrico: ecco perché
Il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia, Mauro Luongo, ai microfoni de La Stampa è apparso estremamente sconvolto e addolorato. Ha spiegato di quanto sia stata complicata l’estrazione delle persone che si trovavano dentro il pullman.
Quest’ultimo “era abbastanza pieno, perché abbiamo contato 39 persone, tra cui qualche minore. Un’operazione davvero complessa”. Ma perché si è rivelata così difficile l’estrazione?
Il pullman “era elettrico, deteneva perciò delle batterie. Purtroppo hanno preso fuoco con l’impatto. Dovete sapere che le batterie hanno delle criticità quando sono calde, e proprio per questo le operazioni sono state un po’ più lunghe del previsto”.
Batterie elettriche: cosa dice lo studio
Quanto accaduto a Mestre è terribile; concentrandoci sull’elettrico, però, è davvero così pericoloso quanto apparentemente sembra? Secondo il National Transportation Safety Board e alcune altre agenzie indipendenti del Governo statunitense, che indagano e monitorano incidenti di questo tipo, le vetture elettriche sarebbero meno soggette a prendere fuoco rispetto a quelle tradizionali o ibride.
Ciò che rende così tanto pericolose le elettriche, infatti, non sta nella quantità; bensì nella difficoltà di spegnimento. Per quanto più raro come avvenimento, se una vettura a zero impatto ambientale prende fuoco, è nettamente più pericolosa di un’ibrida o una a benzina e/o diesel.
Una volta che le batterie al litio prendono fuoco, sono davvero difficili da spegnere: necessitano di personale qualificato e le fiamme possono continuare a divampare molto a lungo, persino riprendendo una volta che sembrano essersi placate.
Alcuni esperti consigliano addirittura di monitorarle fino a 48 ore, se precedentemente hanno subito un incendio. Sia i Vigili del Fuoco che ogni altro organo di assistenza, fanno davvero fatica in tal senso. Maurizio Melilli, istruttore certificato di PHTLS della Croce Verde di Torino: “Spesso non abbiamo le schede tecniche del veicolo e non sappiamo come staccare le batterie. E’ un problema condiviso con i Vigili del Fuoco”.
Mestre, una tragedia da non dimenticare: l’Italia ha pagato un prezzo carissimo
Per quanto successo a Mestre, si è parlato giustamente tantissimo nelle ultime ore. E’ arrivato il cordoglio da parte di persone importanti come il Presidente della Francia Emmanuel Macron, e tutti hanno pianto 21 innocenti che hanno perso la vita in un pullman circondato dalle fiamme. Un dato, questo, che supera di gran lunga ogni concetto razionale sulle soluzioni, ogni punto di vista elaborato sulle indagini e così via. Un fatto che rende impotente anche il più pragmatico essere umano sulla faccia della Terra.
Il silenzio assordante di 21 persone che non ci sono più, è tremandamente devastante. Possiamo solo accettare ciò che è successo, imparare una nuova lezione legata alla sicurezza e cercare di diventare migliori. Perché Mestre è una tragedia da non dimenticare, da sopportare come un brutto pensiero che ci martella la testa e da conservare senza nasconderlo nei meandri della nostra mente.
Perché, questa volta, l’Italia ha pagato un prezzo carissimo, ingiusto, insuperabile, demoralizzante all’ennesima potenza. E, come chiunque altro abbia affrontato da protagonista, da comparsa o da spettatore l’inferno della sera di martedì 3 ottobre 2023, non dovrà dimenticarlo mai. Noi tutti non dovremo dimenticare. Perché 21 vite si sono spente, e già questo dovrebbe bastare per farci ragionare a fondo su quanto accaduto.
Nel tentativo presente e futuro di limitare fortemente eventi del genere. E se la risoluzione dei problemi è fra le nostre peculiarità maggiori, in quanto specie estremamente evoluta, l’empatia verso il prossimo e la forza di andare avanti senza scordare non sono da meno. Per l’Italia – ma non solo, come dimostra il messaggio di Macron – e per ogni singolo innocente che abita questo mondo.