Le notizie poco rassicuranti che riguardano la transizione elettrica: le parole del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Pichetto Fratin.
Uno dei temi all’ordine del giorno nel dibattito politico ed economico nell’opinione pubblica, come nel mondo imprenditoriale e culturale è certamente la questione della transizione energetica con il superamento della combustione interna nei mezzi di trasporto privato. Il passaggio quindi da motori alimentati con carburanti di origine fossile a quelli completamente elettrici, con batteria.
Un cambio di paradigma nell’industria e nella mobilità, con risvolti di ordine economico, sociale, culturale. Un appuntamento, quello del 2035, data entro cui in Europa non sarà più possibile vendere e produrre vetture con motori termici, al quale case automobilistiche e governi si stanno preparando, in vista della de-carbonizzazione del trasporto su ruote.
La situazione italiana in vista della rivoluzione elettrica
Ci si avvia, quindi, verso una vera e propria rivoluzione che modificherà completamente l’aspetto delle città, le abitudini degli automobilisti, la mobilità dentro e fuori i centri abitati. Ma questo processo è tutt’altro che lineare e semplice e si scontra con la realtà economica, politica e sociale dei vari paesi dell’Unione Europea che risulta disomogenea.
In Italia, questa trasformazione passa attraverso tempi, salari e cultura come affermato dal ministro Pichetto Fratin in occasione del Automotive Business Summit 2023, con ritardi che dipendono dalle condizioni economiche dei cittadini. Per il ministro i salari medi degli italiani sono troppo bassi per affrontare le spese per l’auto elettrica.
A suo giudizio servirebbero delle integrazioni pari almeno al 50-60%, per raggiungere i livelli salariali di paesi come la Germania. Anche sul tema degli incentivi di Stato alla rottamazione, i vincoli di Bilancio sono stringenti e non permettono delle scappatoie semplici. L’unica soluzione può arrivare attraverso un sistema industriale che consenta una produzione di auto elettriche meno costose.
Una situazione del genere è presente anche in altri Paesi come la Spagna, dove i livelli salariali medi non permettono l’acquisto di vetture del prezzo di 60mila euro e anche oltre, pari a 4 o 5 anni di retribuzione da lavoro. Al momento, prosegue, Pichetto Fratin uno dei problemi è il parco auto circolanti troppo obsoleto, con due milioni e mezzo di mezzi Euro 1 e Euro 2, a fronte di 40 milioni di vetture su strada.
Delle cifre che fanno riflettere, in considerazione del potere inquinante delle vetture più vecchie, fino a 28 volte di più di un’auto Euro 6. In passato, gli incentivi erano orientati proprio al rinnovo del parco auto, con agevolazioni per chi comprava vettura 5 o 6, cedendo quelle Euro 1 o 2. Un cambiamento del parco auto troppo a rilento che mostra le difficoltà del mercato automobilistico italiano.