Qualcosa bolle in pentola nel campo delle auto elettriche. Quello che succederà a breve riguarda una componente della batteria.
Il 2035 si avvicina e con esso il momento in cui le macchine a carburante in parte scompariranno a favore dei veicoli elettrici. Come noto, dopo un lungo tira e molla tra i membri della Commissione Europea si è giunti alla conclusione di mantenere un’unica alternativa agli EV, ovvero le auto alimentate a benzina purché questa sia sintetica o al massimo prodotta da scarti naturali.
Questa decisione, in controtendenza con i piani iniziali, ha fatto tirare un sospiro di sollievo soprattutto ai costruttori di supercar che, in questa maniera, potranno contare ancora sul rombo del motore come elemento d’appeal. Il tutto a beneficio delle vendite.
E’ chiaro tuttavia che per quanto le unità endotermiche non scompariranno del tutto, la maggior parte delle automobili rilasciate sarà a batteria. E proprio qui sta il problema. Le enormi quantità richieste porteranno di default ad un altrettanto notevole utilizzo di materie prime.
Mentre le Case di tutti i continenti si pongono domande su quale possa essere la soluzione ottimale, dal Giappone arriva un primo progetto concreto realizzato dalla Proterial, una start up che si occupa dello studio di alternative all’uso delle delle costose terre rare per la costruzione delle unità elettriche.
Ad oggi siamo ancora in fase sperimentale, quindi non è dato sapere quali siano i risultati finora ottenuti. Chiaramente se il responso dovesse essere favorevole su larga scala, la concezione e lo sviluppo dei mezzi a zero emissioni sarebbero investiti da una rivoluzione.
Vediamo ora come funziona questo sistema che rinuncia ad un componente finora fondamentale. In pratica prevede che gli attuali magneti al neodimio vengano sostituiti dalla ferrite. Dopo l’esito positivo dei primi test, la compagnia ha aumentato gli sforzi dando vita ad un prototipo reale. Messa sotto stress su strada la batteria sarebbe stata in grado di generare una potenza oltre i 100 kW, quindi adatta sia alle vetture al 100% verdi, sia alle ibride plug-in.
Questa risposta deve essere una buona notizia per tutti, perché seppure la forza sprigionata sia inferiore a quella dei magneti al neodimio, la loro resistenza elettrica riduce le perdite di correnti parassite. Ne consegue che oltre alla maggiore efficienza, i veicoli dovrebbero durare più a lungo e i costi operativi andare verso una riduzione. Un vantaggio, quest’ultimo, a dir poco cruciale, visto che le alte spese per la messa in opera sono a dir poco penalizzanti per le Case fuori dalla Cina. Va da sé che queste si devono rivalere sui clienti che, ovviamente, si trovano a dover sborsare un bel po’ di denaro per non inquinare. Basti pensare che, in commercio, non esiste macchina di questo genere al di sotto dei 20mila euro.
Come anticipato siamo soltanto in una fase concettuale dell’analisi e molte altre prove dovranno essere superate perché si possa pensare di fare a meno delle terre rare. Stando alle stime fatte, non sarà possibile vedere in azione sulle strade di tutti i giorni un’auto elettrica di questo tipo prima del 2027.
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