Il Nord Europa unito contro Tesla. Perché lo sciopero che continua da giorni deve far paura al colosso americano.
Tutto è partito lo scorso ottobre quando dalla Svezia si è levato forte il grido dei dipendenti Tesla, decisi a pretendere un nuovo contratto collettivo. Il motivo? Il licenziamento o il demansionamento improvviso di circa cinquanta lavoratori legati alla Hydro Extrusions, fornitore di riferimento per la componentistica in alluminio. Le dimostrazioni sono cominciate con il rifiuto da parte dei meccanici di intervenire nelle riparazioni e pian piano si sono estese all’intera filiera, compresi gli addetti alle pulizie e quelli portuali.
Dal canto suo Elon Musk, tirato in ballo quale patron del gigante dei veicoli elettrici, ha fatto finta di non sentire, sostenendo che al contrario di quanto venga detto le condizioni economiche e d’impiego degli svedese sono migliori di molte altre.
Un commento, questo, che, evidentemente, non è piaciuto al Nord Europa, tanto da portare la Danimarca a coalizzarsi con il Paese patria dell’Ikea, rendendo l’astensione dal lavoro ancora più penalizzante per il i produttore americano che, ovviamente non è contento, anzi è letteralmente andato su tutte le furie dopo aver appreso che avevano deciso di fermarsi pure gli addetti alle poste, i quali, non consegnando le targhe, hanno bloccato le immatricolazioni.
Un nuovo tiro mancino per l’istrionico patron del marchio, convinto fino a quel momento, di poter tagliare i ponti con la Svezia, affidando ai danesi tutte le operazioni portuali.
L’unione fa la forza, direbbe qualcuno. La volontà dei dipendenti e dei sindacati è infatti quella di non darla vinta all’uomo più ricco del mondo e alla sua convinzione di poter tenere tutti in pugno. Così anche la Norvegia ha fatto sapere di essere pronta a dare un proprio contributo, fermando l’ingresso delle vetture nei loro porti, mentre la Finlandia, seppur toccata in maniera minore dalla problematica, ha confermato che nelle prossime ore si riunirà per valutare delle azioni di solidarietà.
Vi chiedere come mai l’imprenditore nato a Pretoria si stia tanto scaldando da definire la situazione folle. E la risposta la danno i numeri. La Svezia, anche per la sua posizione strategica per i trasporti marittimi rappresenta il quinto mercato del Vecchio Continente per il costruttore di mezzi a spina. cedere a le pressioni, inoltre, equivarrebbe a creare un pericoloso precedente.
La questione che il 52enne ha evidentemente ignorato, riguarda la forza che in Scandinavia hanno i sindacati. Addirittura il 90% dei lavoratori dipendenti è tutelato da una sigla.
Un altro inciampo a sorpresa per l’eclettico manager potrebbe trovarsi proprio negli Stati Uniti. Di recente in bagarre con le Case automobilistiche che producono veicoli a motore endotermico, la patria delle Tesla, si sarebbe detta disponibile a creare una sorta di maxi corporazione, in modo da poter difendere gli interessi di chi è nel settore in maniera più coesa. States ed Europa del Nord sarebbe dunque in fase di studio per dare vita ad una “joint venture” sui generis. Se questa interessante prospettiva trasversale e internazionale dovesse prendere corpo, per i datori di lavoro sarebbe più complicato imporre i propri diktat.
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