La notizia sull’elettrico per una parte dell’Italia è davvero negativa: non è in procinto di arrivare un’annata promettente. Il motivo.
Il principale motivo per il quale ancora genera perplessità l’adozione dell’elettrico in Italia è la ricarica delle automobili. Non soltanto per ciò che concerne la predisposizione sul territorio delle varie colonnine, ma anche per la necessità che siano veloci nei tempi, di modo tale da evitare lunga soste. Non di soste, ma di attese si tratterebbe il problema in merito di una zona dell’Italia.
L’azienda Stellantis ha firmato un’intesa con il Mimit per ottenere garanzie in merito ad investimenti per favorire la transizione energetica. Per le aziende produttrici di automobili è uno snodo fondamentale per aiutare al mercato dei nuovi modelli, come in questo caso la Giulia e la Stelvio. Perciò l’impresa di cui sopra si è assicurata circa 400 GWh di capacità delle batterie in accordo con Ample, che fornirà in partnership quanto necessario in termini di tecnologia per arrivare a batteria completamente carica in meno di cinque minuti.
Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha comunicato di un nuovo incontro a metà gennaio a Parigi con Ministeri esteri per le strategie circa l’autonomia per le tecnologie green in Europa per il settore delle vetture a quattro ruote. L’Italia stanzierà 13 miliardi di euro per la transizione industriale e 2 miliardi i euro per la tecnologia green.
Transizione green: una zona d’Italia potrebbe avere problemi: i dettagli
Le varie strategie saranno predisposte anche per evitare la minaccia delle produzioni di altre realtà, come quella cinese, che consente di accedere ai mezzi con costi più contenuti. A Piedimonte San Germano, nei pressi di Cassino, si trova il “settore premium” italiano per la transizione, ma i tempi per realizzare la piattaforma Stla Large e le successive porteranno lo stabilimento in agonia. Ciò potrebbe comportare una riduzione del numero di operai con forti ricadute per il territorio e i suoi abitanti.
Per tale ragione è intervenuta la Uilm. Il segretario provinciale Gennaro D’Avino ha ricordato che esiste un accordo fra la dirigenza interna al plant cassinate per trasformare il turno unico centrale in primo turno dalla 6 alle 14, con l’eliminazione del sabato lavorativo. Questo metodo eviterebbe esuberi e anche l’abuso di contratti di solidarietà e affini. Per ciò che concerne l’indotto in sé, si valuta una riconversione delle attività per non chiudere e tutelare i lavoratori anche in termini di riqualificazione professionale. “Noi aspettiamo che il governo porti risorse al settore perché di annunci siamo stufi. Dalle chiacchiere passiamo ai fatti”, ha concluso D’Avino.